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Quel giorno le nuvole si strinsero nere in una cupa vertigine. Restarono a galla, nella culla del vento, spezzando in un lampo le linee del sole. L’esplosione fu violenta. Il ventre della terra vomitò un essere mostruoso. 

La sua ombra si stagliò sulla roccia. Il suo richiamo stridente consacrò la condanna, smaniosa di nuocere, tronfia di superbia. Aveva negli occhi la bianca sostanza del male. 

Copertina Nobili Bugie

Su zampate fameliche si aggirava per strade e campi sbavando la sua brama e lasciandosi dietro morte e devastazione. Aveva una preferenza per il sapore putrido delle anime dannate. Con un rimbombo di versi voraci, si introduceva nelle abitazioni, sfondando porte e pareti. Era spaventevole: un umanoide deforme con la testa di mastino. Il popolo oppresso dalle sue mille incursioni si raccolse in preghiera nella chiesa del castello. All’ennesima calata notturna il demone trovò candele spente, case vuote. I suoi gridi voraci penetravano le mura, cercando un varco tra le pareti della rocca, per sbranare altre vite. Salì sul colle per sovrastare la fortezza. Gridava ira ed eterna vendetta. Sotto la sua incessante pressione, la terra si spalancò in una voragine.

Un fascio di luce folgorante forò tenebre e malvagità. Un vortice di lingue di fuoco avviluppò il Demone e lo trascinò nelle viscere accese, verso la sua sconfinata dimora. 

Nel cielo riluceva la Vergine Maria nella sua Eterna Bellezza. All’alba il cratere era poco più che una conca di roggia. Sotto la falda, si narra, fu deposto un tesoro. In molti hanno cercato di rubare alla terra la leggendaria ricchezza ma nessuno ci è mai riuscito. Qualcuno ci ha perso, persino, la vita. 

Nessuno si aspettava quell’esplosione da quattrocentomila schegge: le finestre si aprivano come uno scoppio nel cuore; le polveri, come i calcinacci, volavano dentro le orecchie e nei polmoni. Da qualche pugno cadeva il sangue di un petto, di un fianco ferito. L’aria aveva tutte le particelle fragili, messe nel fuoco.

Quel giovane fascista era arrivato proprio sotto al municipio per armare la scena. Proprio vicino al mezzodì, quando anche le campane si preparano al rimbombo.

Dopo il botto, della sua mano restava soltanto una parziale memoria: molto poco di vivo, nelle nervature aperte e nelle vene spappolate del polso. L’emorragia non gli stava dando scampo: si era avvicinato troppo al suo obiettivo, pur di non mancarlo. Era un lavoro voluto dal partito. E doveva essere pulito, rigoroso. Ma lui non aveva rispettato quella giusta misura tra la vita e la morte.

Dopo pochissimi minuti la città sembrò morta, coperta da un lenzuolo di gesso.

Nobili bugie di Luisella Pescatori e Federico Tolardo

1944, Italia. Sui Colli Bolognesi una famiglia di nobili e bugiardi decaduti sopravvive al proprio declino economico nell’unico luogo che ancora possiede: la tenuta di Villa la Quiete. Affronta il problema della guerra e della crisi nel solo modo tramandatole dagli avi: non curandosene. Fin quando, un pomeriggio, un uomo e due donne in fuga chiedono rifugio. Si dicono ebrei, e disposti a pagare con un lingotto d’oro ogni mese di permanenza. Attratti dalla possibilità di risollevare le proprie fortune, il duca e la duchessa accettano la proposta. Quando però la guerra finisce, terrorizzata dalla possibilità di perdere l’unica fonte di guadagno, e con l’aiuto dei collaboratori domestici, la famiglia inventa rocamboleschi escamotage, pantomime e sotterfugi per fingere che il conflitto sia ancora in corso. È allora che alla villa accade un evento inaspettato che cambia ogni cosa. Niente sarà più come sembra.

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