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Mare. Affabulazioni ondose

Mare. Ampio e disteso nell’apertura della “a”, s’arriccia come un’onda nelle vibrazioni della erre, come dentro l’imprevedibilità delle sue correnti del suo infinito coesistere tra pace e tormento, riposo e paura. Il bisillabo risuona del suo stesso fluttuare.

Mare ha un anagramma funzionale: rema che è un suggerimento per non finire ondivaghi, trasportati dalle emozioni, è l’imperativo per la resistenza alle avversità della vita, alle situazioni travolgenti. È il consiglio a restare vigili, sia nella quiete sia nella paura, sulla rotta della consapevolezza.

Il mare declina al rame, nel tramonto di innumerabili sfumature si dilata al rosso e fino all’ultimo pigmento del nero, indistinto tra terra e cielo. Per una mera incapacità di reagire affondo come un’erma pesante, senza più arti o parti. Mi inabisso nella verticalità del silenzio.
La luna è un’arme disposta in cielo, principio di luce, un’idea di chiarore nella mia distanza.


Rema Rame
Mera Erma Arme
Rema Rame
Mare

Profumo-di-Pesca

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