C’è un punto del cielo
che non si lascia nominare
non per collera ma per pudor divino:
lì abita il silenzio primordiale.
Quando l’uomo alza lo sguardo
con cuore impuro o fretta d’intendere
il cielo si ritira, si fa nube
vena d’aurora opaca, occhio ferito
perché la luce teme l’uomo
più del buio che la precede.
Da bambini lo capivamo perché
eravamo pensieri ancora caldi di Dio
ma col peso della terra sulle ossa
vaghiamo in diagonale tra cielo e fiamme
in cerca della soglia tra respiro e mistero.
Siamo gli erranti di Dio: né puri, né giusti,
disarmati e inconsapevoli nervi di luce
cellule di memoria intrecciate al sangue
ancora troppo innamorati del cielo
per appartenere del tutto alla terra.
