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Mr. Jay non era da scartare | Capitolo 3

BOW WINDOW, romanzo a puntate sul mio blog

“Mr. Jay non era da scartare e nemmeno gli altri due!”

Vanille metteva ordine sulla scrivania del suo computer, archiviava impaginati, vecchi lavori, nuovi progetti mentre cercava una ricucitura per i suoi sogni, per i suoi pensieri, la disciplina dei suoi desideri. Si domandava se davvero desiderasse quello che credeva di desiderare o se i suoi desideri non fossero altro che l’inganno di vecchie amarezze.

“La differenza tra desiderare qualcosa e credere di desiderare quel qualcosa è la distanza che c’è tra essere felici e credere di essere felici” si disse mentre liberava spazio nella memoria. “I lamenti sono più determinati. Vanno e vengono senza nemmeno l’idea di disturbare, ingombrano di dispiaceri e delusioni e trovano il tempo dell’esternazione o dell’escandescenza. I sogni e i desideri sono meno furibondi; restano vividi nell’inconscio ma appena sfiorano il velo del senno sono al pari di una melodiosa destrutturazione e non prendono la giusta forma nella logica”.

Le nuvole basse disegnavano volti nel controluce della finestra.

“Preventivo Brown e Sinossi Brown, nella cartella archivio. Vecchio impa Brown via, nel cestino. Svuota cestino. Invio”.

Vanille procedeva meccanicamente nel riordino. Quando arrivò al file di Mr, Jay, disse: “Se esistesse davvero un Mr. Jay me ne innamorerei” pensò che sarebbe bastato sfiorarlo, come si fa con i cerini, per vederlo acceso anche nei nervi, pensò che se avesse aperto il file le sarebbe tornato il malumore. Era certa che valesse la pena tentare una salvezza per quei personaggi piantati dritti da Brown come alberi su un percorso cimiteriale. Non era la prima volta che si trovava in disaccordo con lui.

I brani non erano scarti di produzione per un difetto di qualità, per problemi strutturali, o di rendimento. Mr. Jay era un personaggio complesso e ben costruito, uno di quelli caduti mille e più volte ma non non imbruttito. Indurito sì. Incattivito mai. Serviva alla storia, come la storia serviva a lui. Il taglio era un capriccio di Mr. Brown perché lui sì, si era imbruttito negli anni e si perdeva in ostinazioni da vecchio trombone..

«Ma perché ha voluto ribaltare il testo? Un secondario che diventa protagonista e il protagonista carta straccia? Non si è mai visto!».

Un filo di nuvole e fumo le vorticò nelle narici. Vanille arricciò il naso e starnutì.

Salute

Immaginava che in quell’angolo del suo studio, sulla banchina sotto il bow window, si accomodassero i personaggi dei testi in attesa della prima bozza, come disoccupati in coda al centro per l’impiego. Uno aveva la sigaretta tra le dita, un altro era senza volto, perché nel romanzo era sempre di spalle, un altro ancora impaurito se ne stava fisso con le mani alzate perché era rimasto vittima di una rapina. Ogni tanto una voce da un qualche altro capitolo gli ordinava di abbassare le mani. Ma la memoria torna sempre a ricordarci chi siamo. E nella storia lui era l’uomo con le mani in alto.

Vanille immaginava di parlare con loro. Chiedeva il confronto con i personaggi appena abbozzati per capire come costruirli al meglio, e vagheggiava con altri di psicologia e di caratteri. In realtà quelle erano solo voci critiche interiori.

Vanille aveva tirato un filo inesistente sul quale appendeva nomi, immagini, ambientazioni. Faceva scorrere la filmica, osservava le combinazioni di fotogrammi, l’insieme narrativo e interpretativo. Costruiva i testi, parola per parola, istante dopo istante e appuntava scene, collegamenti, su fogli colorati che attaccava alle pareti. Usava piccole lavagne narrative, per la sintesi di tutto: mappe delle visioni, per meglio dire, delle sue intuizioni letterarie.

Nel suo studio diventavano corporee anche le anime. Vanille ne cercava di simili, poi, tra la vita newyorchese: in un uomo solo al caffè, tra la gente stipata in metropolitana, nelle strade maleodoranti e veloci, ai semafori, in quegli accumuli viventi pronti a scattare al via.

«Non ha senso cancellare Mr. Jay. È un tenebroso, sì, ma col cervello. Ha i suoi difetti d’accordo. Ma tutti i caratteri, anche quelli più difficili, possono mediare, cambiare. Mr. Jay è uno di quelli che ce l’avrebbe fatta a risolvere il suo dramma».

Sì forse con un occhio nero e una camera del cuore sventrata

«Ma si sarebbe salvato. La sua solitudine, la sua malinconia, Mr. Jay le aveva masticate, inghiottite, se ne era nutrito per compensare paure e soffocare dolori. Ma non è un debole. A voler guardare, sembra avere la durezza di uno di quegli ulivi che ci sono dalle mie parti in Provenza».

Ti ringrazio Vanille

«Ecco! Mr. Jay è uno galante e mi ringrazierebbe. Brown lo ha fatto ritirare come un qualsiasi vecchio pensionato: “Per evitargli una sconfitta”, dice lui. Ma quale sconfitta? Gli ha gettato in faccia la spugna, lo ha dichiarato vinto, ancor prima di averlo messo sul ring. Cancellato senza remore».

Credeva di aver beccato il significato, il senso dell’idea folle di Brown. Credeva di aver capito che la provocazione e che lui si aspettasse di essere implorato. Brown come un qualsiasi uccelletto nero le avrebbe chiesto scusa, le avrebbe spiegato che alla fine non aveva scoperto nulla di nuovo negli altri e sarebbe ritornato indietro.

“Almeno lo avesse chiesto! Gli avrei detto che Mr. Jay è come il vocabolo perfetto che si ha paura di pronunciare. E lui ha avuto paura di articolarlo. Non è facile gestire un personaggio così complesso. Molto meglio scivolare su un mezzatinta impomatato che tanto risolve tutto, con un colpo di fortuna. Una dozzinale copia dell’uomo medio». 

Non ti facevo così simpatica

«‘Mezzatinta impomatato’ e da dove mi è uscito? A volte mi sono simpatica da sola».

Parlava e rideva Vanille. Le sue risate cristalline avevano una risonanza. Una ripetizione, un passo sonoro, nell’arco del bow window.

«Tutto ciò farebbe ridere persino Mr. Jay! Cunanan è una vera palla di uomo. Un uovo bollito senza risorse emozionali. L’opera ha perso d’intensità, ha perso il graffio narrativo di Mr. Jay. Archibald Brown: hai buttato via una storia sensazionale per la fretta di scrivere».

Che tristezza

«Sì davvero triste».

Vanille ti prego, ascolta, guarda oltre l’inimmaginabile, oltre questo fumo che si fa ragnatela intorno a te

Vanille scosse la testa. Quella voce era concreta come un disegno melodico. Aveva corposità e spazio, come quelle sottili linee di fumo in risalita.

Il mio dramma non è solo quello che vedi tu

Vanille spense la luce e uscì dallo studio, portandosi dentro quelle voci e la sua stanchezza.

Mr. Jay si slacciò la camicia bianca, candida come una pagina ancora da scrivere. Ripiegò la giacca del gessato e vi appoggiò la testa sdraiandosi sulla panchina sotto il bow window. Non aveva più sudore nella fronte. Cercò di non dimenticare il suo nome.

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